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Tramontana

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Tramontana

 

Guardo.

E abbraccio i sussurri

le sillabe scordate

e infrango cattedrali..

.. e temo di distruggere l’obelisco dei sogni.

 

Ma strillano

sempre strillano i cuori in amore.

Strillano e battono ai portoni

picchiano alle campane

scrostano vecchie vernici

squarciano il gelo assorto della fine.

 

Ora il frastuono della strada

sveglia ombre lunghe

mentre i vessilli ai venti degli imperi

restano le armi maestre:

leitmotiv esatto per un mondo assurdo

diviso in sezioni

reso inerte dalla voglia di possesso

malato di energia

inaridito dalla fretta

corrotto dal camaleontismo di comodo.

 

Raduno cesti di rose

e biancospini e primule e frascume

prima che si perdano

in necessità tecnologiche che ne falcino la presenza

e mi affaccio al davanzale del cosmo

sperando che nelle sale dei bottoni

esista un uomo che medita

(uno soltanto basta

che non affondi nelle battute dei potenti

aspettando il via).

 

Guardo.

Sento un pianto

che vortica tra le marionette riposte

tra i radi virgulti

e s’attorciglia sbrindellato alla guazza

per il riso disperso

di quando in essa vi sostava il richiamo dei mattini

per il verso d’amore sempre più in stallo

che non giunge.

 

Converge alla mia casa di cicala

il vento del nord come una vela alzata

sulle parole sprecate a grano a grano

il tempo perso.

 

Guardo!

 Franca Alaimo - 05/12/2015 23:28:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Intanto porgo, a nome della redazione e di tutti i lettori, il benvenuto ad una poeta siciliana sensibilissima e "impegnata". E adesso passo all’analisi di questo testo in cui i fiori, come diceva una canzone famosa nel periodo della contestazione studentesca, vengono opposti alle armi distruttive.
I fiori sembrano cose da poco per essere scelti come strumenti di rivolta al mondo invischiato nella violenza e nella cecità del potere (basterebbe - dice Mariolina- solo un politico "visionario", capace di sottrarsi alla logica comune, per cambiare le sorti del mondo), eppure la loro grazia, la loro bellezza, che forse ancora pochi sanno salvaguardare - così come fa la poeta che riempie un cesto di fragili corolle- sono considerate le armi più adatte a sconfiggere la barbarie. Si ritorna, insomma, al concetto classico della bellezza come bontà, all’utopia di Dostojevskij, che affermava che la bellezza salverà il mondo.

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